“Cerca nel bosco una capanna che poggia su due zampe di gallina.
I muri sono di ossa.
E c’è una bocca dai denti acuminati come buco della serratura.
Lì andrai…”
Le ripeteva la madre.
“Lì andrò.”
La fanciulla ricordò quegli istanti, accanto al focolare.
Aveva freddo.
Una catena invisibile le stringeva dolorosamente la caviglia, ricordandole la sue prigionia.
“Sette volte spazzerai la stanza e sette volte rammenderai i vestiti!”
Sette volte…pensava la fanciulla.
Ogni volta che porto a termine un lavoro me ne assegna altri due!
Gettò la ramazza a terra, con rabbia.
Poi si accorse, con terrore, che non era sola.
Abbozzó un sorriso compiacente alla sua carceriera.
“Una servetta…ecco cosa sei…e cosa sarai, sempre!”
Gracchiò la vecchia.
Perchè è così crudele con me, che ho fatto di male?
Piangeva lacrime amare.
Si frugò nelle tasche del grembiule.
Al tatto percepì il morbido vestito della bambolina, donatale dalla madre in punto di morte.
Altri sette lavori da fare in casa, e altrettanti giorni di prigionia.
“E’ impossibile!” Urlò.
La fanciulla iniziava a disperare.
Da quasi un mese era rinchiusa in quella capanna stregata.
Cercò ancora conforto nel contatto con la bambola.
Accarezzandola, ebbe un’intuizione.
Una voce dentro di lei.
Prima flebile e poi decisa.
Le dava delle istruzioni.
La fanciulla sentì che erano buone per lei.
E così agì.
Prese una cima del terzo mazzo di erbe appeso alla trave, sopra la porta della capanna.
Ne gettò una manciata nella zuppa che stava preparando per quella sera.
E poi attese.
Finchè la strega rientró nella capanna.
Col fare di sempre, la fanciulla le servì la zuppa.
E Attese.
Ancora.
Finchè la vecchia cadde in un sonno profondo.
Al che la fanciulla si avvicinó e la osservó.
Osservó la pelle rugosa, attraversata da vene bluastre.
Osservó i capelli unti, liane verdastre che cadevano dietro le spalle e sul petto.
E osservó anche il petto.
Ed ebbe un guizzo, pura curiosità.
Scostò l’apertura della veste e intravide due seni smunti e secchi.
Vi appoggiò la mano, facendola scorrere sulla pelle. Le ricordava la pietra.
E poi la mano incontrò del freddo metallico..
Una chiave!
Uno strano fuoco si accese nella fanciulla.
Una ventata calda, un brivido la percorse…quella chiave apriva l’albero-armadio!
Durante la prigionia, la fanciulla aveva visto la strega che lo usava.
Mise la chiave nella toppa.
Esitò.
E poi giró.
Aprì l’albero-armadio.
Le lacrime le solcavano le guance mentre pronunciava parole magiche che ben conosceva.
L’armadio di colpo si tramutò in un portale, e riverberava di luce azzurrina le pareti della capanna.
La fanciulla visualizzó il luogo dove voleva andare.
E come rideva di gusto, mentre attraversava il portale…
Alessandro Fauno Spadotto
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