Chiudo gli occhi.
Quell’odore metallico e pungente invade le mie narici.
Cerco in quella pozza, avverto sulla pelle una sensazione viscida.
Non resisto oltre.
Voglio uscire da questa stanza.
Ma cosa c’è fuori?
Se torno indietro mi attende comunque la morte.
Apro gli occhi, poi li richiudo.
Li riapro.
Mi costringo a guardare.
Corpi mutilati.
Membra sparse per il pavimento.
Ed in mezzo anche pezzi di organi.
Ossa ingiallite.
Mi faccio forza.
Sono forte, voglio andare oltre.
Ce la faccio a resistere ancora un pò?
Sento le storie di questi corpi e mi gravano sul petto, sul cuore.
Vado avanti, cerco.
Forse c’è qualcosa.
Una leva, nascosta in un intaglio nel pavimento.
La aziono.
Dal soffitto, come una lama, entra un raggio di sole.
Prima violento ed affilato.
Poi si smorza e la luce si diffonde, illuminando a giorno la stanza.
Vi guardo tutte.
Sono con voi.
Sono la vostra storia.
E sotto questa nuova luce, cadaveri, ossa e membra cambiano aspetto.
Ritrovo il mio cor-aggio, mi muovo e rompo la mia corazza di paura e terrore.
Opero. Pulisco, rimetto assieme i pezzi.
Accendo un fuoco, brucio le erbe.
Il loro profumo scioglie quell’odore acre.
E canto.
Canto di queste vite spezzate.
Canto della nuova forza.
Canto e ringrazio.
E mi ringrazio.
Ora vi ho con me, siamo tutt’uno.
Tutte insieme, pronte per il prossimo passo.
Liberamente ispirato a “Fiabe di Potere. Sherazade incontra Barbablù” di Paola Biato
Alessandro Fauno Spadotto
Photo credits:
Di Gustave Doré – Questa immagine è resa disponibile dalla biblioteca digitale Gallica con il numero identificativo di btv1b8612030k/f170,
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